Il tatuaggio Maori ha una storia molto importante e antica, dal forte carattere culturale e antropologico, nato in Polinesia, è diventato uno degli stili più amati e ricercati fino ad oggi.
La storia del tatuaggio Maori, ha radici nella regione della Polinesia, in Oceania, che si estende in tutta la parte che va dalla Nuova Zelanda, Isole Hawaii e Isola di Pasqua, che comprendono in quell’area un vasto compleasso di 18 isole. Il tatuaggio Maori nasce proprio tra i popoli polinesiani, di cui abbiamo testimonianze del tatuaggio, fino a circa 2700 anni fa. Oltre al maori, vi erano anche il tatuaggio marchesiano (Isole Marchesi) e polinesiano.
I popoli della Polinesia, si insediarono nei vari arcipelaghi, e ognuno iniziò a sviluppare dei tratti culturali e linguistici differenti dagli altri, proprio per distinguersi. I popoli Maori si distinguevano grazie al moko, di cui si hanno le prime testimonianze nella regione di Otago, in Nuova Zelanda.
Il tatuaggio Maori veniva chiamato anche ta-moko o moko, che nascono come tatuaggi ornamentali e decorativi, dal profondo significato, che segnava il proprio status sociale o il passaggio all’età adulta. I tatuaggi moko riportavano motivi geometrici, spiraliformi, dinamici e curvilinei, che prendevano spunto dai motivi dell’artigianato neozelandese.
Il tatuaggio Moko Tradizionale
Il tatuaggio moko tradizionale è una delle tipologie di tatuaggio Maori, più simboliche e significative, che venivano eseguite direttamente sul viso. La sua esecuzione consisteva semplicemente nel seguire alcune linee fisiologiche di una persona, mettendo in risalto i lineamenti e l’espressione.
Veniva eseguito soprattutto sul viso dei guerrieri, per esaltarne la ferocia durante i combattimenti, sui capi tribù Maori e su alcune persone che avevano un ruolo di rilievo all’interno della tribù a cui appartenevano. Sia i tatuaggi sul viso, che quelli sul corpo, erano un simbolo e una dimostrazione di grande forza e coraggio. Avevano un significato che riportava ai veri valori, e le figure rappresentate erano molto stilizzate.
I tatuaggi sul viso erano un elemento di grande orgoglio per chi li portava, ed erano un particolare estetico ritenuto molto attraente e affascinante. Questa tipologia di tatuaggio veniva portato anche dalle donne, ma in modo meno invasivo.
Gli uomini spesso coprivano interamente il loro corpo di tatuaggi, durante la vita. Il primo tatuaggio veniva eseguito già dopo i 14 anni, in segno di maturità sia per le donne che per gli uomini.
Tutt’oggi questi tatuaggi permettono di mantenere la cultura maori ancora viva, creando un legame per rivendicare la loro identità, soprattutto dopo il periodo del colonialismo in cui, in particolare l’uomo europeo, cercò di convertire ed estinguere questa bellissima cultura, come molte altre.
Il tatuaggio Maori sulle donne
Il moko femminile era più piccolo e delicato, e coinvolgeva soprattutto le labbra e il mento. Nelle donne venivano realizzate delle decorazioni nel mento, ma a volte potevano alcune di loro decidevano di tatuarsi anche delle spirali sulle guance, o altri segni sulla fronte. Anche per loro questa pratica era considerata un particolare molto attraente e motivo di orgoglio.
L’unica differenza tra i tatuaggi femminili e quelli maschili, era solo la posizione dove potevano essere eseguiti. Le donne infatti, non si tatuavano in nessun punto del busto, ma solo braccia, gambe, e (come abbiamo detto in precedenza) su bocca e mento. Questo perchè, il busto femminile, era ritenuto già impeccabile e di grande bellezza.
Tatuaggi polinesiani e marchesiani
Il tatuaggio polinesiano utilizzava l’illustrazione di figure umane e animali molto stilizzate, dai significati peculiari, dettati dalla loro forma e posizione. Figure umane a testa in giù, ad esempio, rappresentavano i nemici sconfitti, mentre le figure animali rappresentano tratti comportamentali specifici del carattere di una persona, ma anche simboli di protezione, buon auspicio e forti legami.
La lucertola ad esempio è un simbolo di buon auspicio, legame, e comunicazione con le divinità, mentre la tartaruga invece era simbolo di connessione tra la vita terrena e quella spirituale, ma anche di salute, fertilità, unione e pace; i pesci invece simboleggiavano l’abbondanza, la vita e prosperità.
Il tatuaggio marchesiano invece, è tipico delle Isole Marchesi, e riporta simboli più identitari ma anche di protezione e rituali. Erano tatuaggi che potevano essere portati da tutti, e che venivano eseguiti in base al proprio livello sociale e alle caratteristiche di ognuno, senza essere limitati a determinate categorie sociali, all’interno della società. Questo tipo di tatuaggi è composto da disegni molto dettagliati, caratterizzati dalla presenza di molte parti del tatuaggio totalmente nere, e forme geometriche.
Le tecniche e materiali del tatuaggio Maori
La tecnica utilizzata per eseguire i tatuaggi tipici della Polinesia, era molto dolorosa. I materiali utilizzati erano soprattutto ossa, bambù e parti del guscio di tartaruga. Il tatuaggio era una vera e propria sfida, che metteva a dura prova la persona, e poteva durare anche più di un giorno. Questi progetti, sarebbero continuati nel tempo, e ad ogni evento importante della vita si aggiungeva un nuovo elemento, e spesso, potevano definirsi conclusi anche dopo mesi.
L’inchiostro utilizzato poteva essere di diverse tonalità: verde, marrone o nero. Di solito si otteneva attraverso una miscela, che conteneva una polvere ottenuta principalmente dai gusci di cocco bruciati e/o fuliggine, e altri elementi naturali, mescolati poi all’olio di cocco.
Ciò che garantiva la tenuta del tatuaggio, era invece un composto di zucchero di canna e succo di olio di cocco. Per produrre l’inchiostro, e raccogliere ciò che serviva per comporlo, si ricorreva ai forni, grazie al quale si riusciva a produrre la polvere del composto, ottenendo circa un chilogrammo di colorante.
Gli strumenti utilizzati erano : un pettine per tatuaggi composto da un elemento tagliente, che poteva essere ricavato dai denti del pescecane/dal becco di un uccello/artiglio/ossa, e più avanti nel tempo vennero utilizzati anche parti in metallo. La parte tagliente, veniva poi lavorata fino a formare da tre a venti punte.
Successivamente, veniva fissato a un manico in legno, che veniva colpito con una bastone per tatuaggi, in modo che il pettine potesse penetrare la pelle grazie alla battitura, che doveva avere un ritmo e una forza ben precisi, per entrare alla giusta profondità.
Quello che oggi chiamiamo “stencil” veniva realizzato dal tatuatore (chiamato Tahu’a tatau) grazie a un bastoncino carbonizzato, col quale si disegnava il progetto sul corpo. Con il pettine battuto dal martello, si realizzavano i segni sul corpo, che poi restavano impressi grazie all’aggiunta dell’inchiostro.
La cura del tatuaggio, consisteva nell’utilizzare un unguento di succo di banana o un estratto dell’albero di sandalo, massaggiato più volte per evitare infezioni, utilizzando delle foglie per non irritare la pelle. Per cicatrizzare e guarire per bene, il tatuaggio poteva impiegare anche un anno.
Questa tecnica antica viene utilizzata e tramandata ancora oggi da qualche Tahu’a tatau, in memoria di questa splendida tradizione, anche se con strumenti sempre simili, ma un po’ più moderni.